1984   
(English version below)


Scrivere una presentazione di qualunque tipo di lavoro artistico non è una cosa che mi viene semplice. Come fare?

Forse oggi c’è molta reticenza nell’espressione di se stessi, si tende maggiormente a immaginare e desiderare che al realizzare questi desideri. Forse quelli della mia generazione, volendo un po’ generalizzare, compreso me, hanno paura e vergogna al mostrarsi, come se la nostra individualità potesse essere violata definitivamente da questo gesto. Parlo, almeno, di chi vuole fare l’artista, o di chi ci prova, o di chi lo fa.

Dunque fare uscire un progetto, un disco, oggi, con il timore giustificato che diventi semplice particella di tutto l'ingovernabile flusso di informazioni che vediamo su Facebook, una cosa tra le altre, tra un oroscopo e una notizia politica, non è per niente facile. E’ come se uno cucina un piatto di carbonara e al momento di scolare la pasta, cade nel lavandino e ne rimane poca da mangiare. Cosa voglio dire? Che amo la carbonara, si.

Poi c’è anche il rischio, oggi, di confondersi, di non capire i propri limiti, di avere un bagaglio immaginifico di modelli che ci fanno perdere ciò che siamo davvero. I modelli sono importanti ma bisogna stare attenti. Cioè, se io amo Marlon Brando così tanto da prenderlo a modello ma poi recito come Gabriel Garko senza accorgermene, sto fuori strada e fuori di testa.

Il problema non è recitare male o bene, ma esserne consapevoli.

Bene, fatto il discorso moraleggiante.

Forse questo disco parla anche di tutto questo, dello scarto tra immaginare e realizzare.
D'altra parte la prospettiva di questa analisi è un po' remota. Guardando più da vicino, credo che il disco parli di qualcosa di più concreto. Tipo il non senso delle cose, delle relazioni, della distanza tra le persone, della dipendenza tra di noi, della nostra reazione al sempre più sottile limite tra il privato e il pubblico e viceversa. E della ricerca costante, l’impegno che mettiamo ogni giorno per trovare un senso a tutti i costi a queste cose, risposte al perché siamo in un modo piuttosto che in un altro.

Ormai noi stessi, singolarmente, siamo una società indipendente, che al momento del contatto con un’altra società, si sconvolge.

Mi piacerebbe che la società che sono incontri la vostra, e che la società che siete voi incontri la mia.

Saluti.

Daniele Chiaramida
.....................................
To write a presentation for any kind of artistic work isn’t something I find simple. How do you fill a piece of paper?

Maybe today there’s a certain hesitation when it comes to expressing oneself, a certain tendency to prefer imagining and desiring rather than to fulfill those desires. Maybe people of my generation - generalizing of course  - myself included, have a certain fear and shame in revealing themselves, as if this gesture meant the definitive violation of their individuality. I refer to those who want to work as an artist, or those who are trying to do so, or those who are doing so.

Releasing a project, an album, these days, with the legitimate dread that it will simply become a particle of all the lawless flow of information we see on Facebook, just something among the rest, between a horoscope and political news, is not something easy to do, at all. It’s as if one wants to cook a plate of pasta - carbonara, let’s say - and just as one is about to drain the pasta, it falls in the sink and little of it is left to eat.

What is it that I’m trying to say? Yes, that I love carbonara.
There’s also the very concrete risk, nowadays, to get confused, to not understand one’s limits, to have an imaginative baggage of role models who mislead us as to who we truly are. Role models are important, but one must be very cautious. I mean, if I love Marlon Brando so much he becomes my role model, but then I don’t notice that I act like Hugh Grant, I have strayed far off my path and off the realm of reality.

The problem is not if I act well or not, but the unawareness of how I act.
Well, having concluded the sermonizing part of my speech.

Maybe my new album speaks about all this too, about the gap between imagination and fulfillment. But the perspective of this analysis is quite remote. Looking closer, I believe this album speaks about something  more concrete. Like the non-sense of things, of relationships, about the distance between people, our dependency to each other, about our reaction to the limits between the private and the public - and viceversa - that keep getting thinner, and thinner.  

The album also speaks about the constant seeking, the everyday commitment to find meaning in all these things, at all costs. And to find answers to why we are the way we are and not the way of others. At this point in time, it looks like each of us, singularly, is an independent society, which finds itself perturbed by the contact with that of another.
I want the society I am to meet yours, and the society you are to meet mine.

Cheers,
Daniele Chiaramida